venerdì 15 dicembre 2023

GRECCIO

Allestendo in casa il Presepio, il pensiero non può non andare, oltre che alle meraviglie pittoriche e scultoree che nei secoli l’hanno rappresentato, a quello di Greccio, giusto 800 anni fa.

 Greccio, definito uno lei luoghi storici d’Italia, è in Provincia di Rieti; conta oggi circa 1.500 abitanti ed  è situato, in  Sabinia, a 705 m. d’altitudine. Ospitò più volte, tra il 1223  ed il 1226, San Francesco. Il Santuario si trova a 635 m. e il suo nucleo originario è formato dalla cappella del Presepe, edificata nel 1228.

Sostengono alcuni (cfr. “Frontiera Rieti” del 28 ottobre 2017) che quello del presepe fu un messaggio “politico” a Papa Onorio III°, nel senso che non serviva conquistare il Santo  Sepolcro a Gerusalemme (le Crociate) perché la nascita di Gesù poteva essere commemorata ovunque. Chissà!

Ecco, ora, alcuni riferimenti sull’argomento, tratti da testi che parlano di San Francesco.

 Per mia utilità, in questo tempo d’Avvento.  Desidero condividerli.

 

“ Era la metà di dicembre. Un ardente desiderio di celebrare i ricordi del Natale al vivo si era impadronito di Francesco. Si confidò con un amico, il cavaliere Giovanni da Greccio, che s’incaricò di fare i preparativi.

L’imitazione di Gesù è stata in ogni tempo il centro stesso della vita cristiana; ma occorre essere spiritualista in modo non comune per potersi accontentare dell’imitazione interiore. Per la maggior parte degli uomini l’imitazione esterna deve precedere e sostenere quella interiore. E’ lo spirito che vivifica, certo; tuttavia solamente nel paese degli angeli si può dire che la carne non conta nulla.

Per il medioevo una festa religiosa era prima di tutto una rappresentazione, più o meno fedele del ricordo che essa commemorava: da ciò le statuette della Provenza, le processioni del Palmesel, i cenacoli del Giovedì Santo, le viae crucis del Venerdì Santo, il dramma della Resurrezione il giorno di Pasqua e le stoppie incendiate della Pentecoste.

 

Francesco era troppo italiano per non amare queste feste, in cui tutto quanto si vede parla di Dio e del suo amore.

Le popolazioni dei dintorni di Greccio furono dunque invitate, come pure i frati dei vicini monasteri. La sera della vigilia di Natale si videro su tutti i sentieri affrettarsi i fedeli verso l’eremo, con fiaccole in mano, facendo risuonare le foreste dei loro canti di gioia.

Tutti erano felici, e Francesco più di ogni altro; il cavaliere aveva preparato una mangiatoia con della paglia e condotto un bue e un asino che col loro fiato parevano voler riscaldare il povero bambino tutto intirizzito dal freddo. Il Santo, a quella vista, sentiva lacrime di compassione inondargli il viso; non era più a Greccio, il suo cuore era a Betlemme.

Infine si misero a cantare il mattutino; poi cominciò la messa in cui Francesco, fungendo da diacono, lesse il Vangelo. Il semplice racconto della sacra leggenda, detto da una voce così dolce e ardente,  già toccava i cuori; ma quando predicò, la sua commozione prese ben presto l’uditorio. La sua voce aveva una tenerezza inesprimibile, così che i presenti dimenticavano tutto anch’essi, per rivivere i sentimenti dei pastori di Giudea i quali andarono un tempo ad adorare il Dio fatto uomo, nato in una stalla “.

(tratto da PAUL SABATIER, Vita di San Francesco d’Assisi, Mondadori, 1978, pagg.269-270).

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _

 

Partito da Venezia, dopo la Terra Santa, Francesco arrivò a Bologna nel 1222; là predicò la pace. Poi, redatta la Regola definitiva, promulgata da Roma, nel dicembre si avviò nella valle di Rieti. Scelse il romitorio di Greccio, nei monti Sabini.

Il Natale si avvicinava. A Greccio Francesco si rivolse ad un certo Giovanni, un possidente locale, incaricandolo di preparare il Presepio: una novità per il popolo cristiano e le popolazioni umbre.

Fu preparata una stanza come fosse una stalla, con un bue, un asinello, del fieno ed una statuetta riproducente il Bambino.

In fondo alla stanza c’era un altare dove venne detta la messa di mezzanotte e il diacono Francesco cantò il Vangelo. Terminata la messa, Francesco predicò. Il fieno di quel Presepio fu conservato come reliquia; poi su quel luogo sorse una chiesa.

Francesco si trattenne a Greccio fino all’estate del 1224, quando salì alla Verna, con fra Leone e pochi altri frati. Là fu rapito in estasi e ricevette le stimmate.

(tratto da LUIGI SALVATORELLI, Vita di San Francesco, ed. Einaudi, 1973, pagg. 191-194).

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _

 Proprio da Greccio, 23 anni dopo  (era l’11 agosto 1246) i tre compagni di Francesco che là vivevano, cioè Leone, Ruffino ed Angelo, inviarono una lettera – nota come Lettera di Greccio – a frate Crescenzio, allora Ministro Generale dell’Ordine.

Questi, nel Capitolo appena celebrato, aveva chiesto a tutti i frati di comunicare ogni fatto che riguardasse Francesco, che essi potessero conoscere direttamente o reperire.

Ecco dunque che i tre frati raccolsero, oltre alle loro dirette e personali testimonianze, notizie da altri frati.

Non si accontentarono di raccontare i miracoli di Francesco, quanto di “ mostrare alcuni aspetti salienti della sua santa vita e la intenzione della divina volontà…”. Non una biografia “…bensì abbiamo colto, come da un prato rigoglioso, un mazzo di fiori, quelli che ci sono parsi più belli, senza però disporli in ordine cronologico .

(tratto da FONTI FRANCESCANE, ed. Messaggero, Padova, 1982, pagg.533-536).

 _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

 “… Ciò che mi faceva soffrire era l’opinione condivisa da coloro che sembravano i più assennati nella Chiesa che era cosa impossibile vivere secondo la regola della perfetta povertà.

Era come se mi dicessero che il Vangelo su questa terra non poteva essere vissuto nella sua integrità “sine glossa” come avevo sempre ripetuto io ai miei.

Ciò mi suonava tradimento nei riguardi di Gesù e un dubitare della sua parola.

Una volta, avvicinandosi il Natale volli ripensare proprio alla vita di Gesù povero, povero, povero e a Greccio combinai una rappresentazione al vivo della Grotta di Betlemme.

Vedete, dicevo a tutti, vedete che è possibile. Gesù stesso ha vissuto così. Dio si è fatto povero, debole, piccolo e si è abbandonato in mano alla storia, confidando solo nel Padre.

Vedete, vedete che è possibile, dacchè Dio stesso ha vissuto così!

Ma i più ci fecero su solo del sentimentalismo e tutto minacciava di terminare in retorica.

(tratto da CARLO  CARRETTO, Io Francesco, ed. Cittadella, Assisi, 1980, pagg. 157-158).

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _

 “… Una volta, a Greccio, per il male agli occhi provò ad usare un piccolo cuscino di piume. Ma il mattino dopo si affrettò a farlo togliere, affermando di non aver potuto dormire e di aver provato allucinazioni “come se avesse mangiato pane di loglio”.

“Si trovava sempre a Greccio, nella notte di Natale del 1223. Aveva chiesto forse troppo al suo povero corpo, e troppo e troppo poco gli aveva concesso”.

“Francesco amava Greccio. Era uno degli eremi più poveri dei quali l’Ordine disponesse, era sereno e fuorimano, ed egli poteva disporvi di una cella appartata costruita sulla viva roccia, che gli piaceva molto”.

“Fu probabilmente la povertà di quel luogo, più di una qualche immaginaria somiglianza con Bethlehem, a suggerirgli di fare di Greccio il luogo nel quale sarebbe nato quell’anno il Signore; e di poter vedere finalmente, con i suoi occhi, quel che in Terrasanta non aveva potuto; anzi, quel che non avrebbe veduto comunque se non con le parole del Vangelo e lo sguardo del desiderio. Mandò a chiamare Giovanni, un laico di Greccio che amava e con il quale aveva rapporti frequenti e molto familiari. Giovanni era, anzi, il dominus loci del “castello”, cioè del villaggio fortificato di Greccio.

“Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato perla mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”.

“La notte della vigilia fu per Greccio una grande festa. Arrivarono molti frati da varie parti; e dai paesi vicini convenne una gran folla di gente d’ogni condizione portando ceri e fiaccole per illuminare la notte e rendere onore al Bambino”.

“Si prepararono gli elementi della scena : la greppia, il bue, l’asinello. E fu proprio sul presepio che si celebrò la messa alla quale Francesco partecipò rivestito dei paramenti diaconali”.

“…Ed ecco Francesco assolvere con letizia e solennità all’ufficio di diacono: canta prima con voce “forte e dolce, limpida e sonora” il Vangelo; predica poi al popolo riunito, rievocando il Re che aveva voluto farsi  povero e indifeso, la misera greppia, la piccola città di Bethlehem; e, tenerissimo giullare,  si dà a recitare il suo amore. Pronunzia la parola “Gesù” quasi golosamente, come se gli fosse davvero dolce al palato, come se nel proferirla ne gustasse la dolcezza non metaforica bensì fisica. E quando dice "Bethlehem" indugia sulle vocali e la voce gli si fa tremula: pronuncia belando il nome della città di David, quella dov’è nato l’Agnello di Dio che al pari del più mite tra gli animali ha offerto mansueto il suo corpo ai carnefici “.

 “La tradizione ha arricchito di particolari il racconto di quella notte: sino al fieno della mangiatoia, che fu conservato per essere dato da mangiare agli animali ammalati e che perfino alcune donne usarono in occasione di parti difficili deporsi sul ventre “.

“…Ma qui, nella fredda notte di Greccio, un uomo ammalato, prossimo alla morte, semicieco, invecchiato anzitempo si trovava finalmente dinanzi al suo specchio: alla Potenza assoluta che si umilia fino a divenire la più abbietta e totale delle povertà; e che si umilia per amore. Francesco penetra quel mistero insondabile e ne coglie per intero l’incommensurabile lontananza rispetto a qualunque tentativo umano  di adeguarvisi. Resta il Ponte pericoloso dell’amore, che unisce il cielo alla terra e sul quale transitano il mistero dell’Incarnazione e il disvelamento del senso degli affanni e delle sofferenze dell’esistere umano. Lì, il Bene è tanto grande che ogni pena si trasforma in diletto “.

(tratto da FRANCO  CARDINI, Francesco d’Assisi, ed. Mondadori, 1989, pagg. 225-230).

 

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _

 

    Venezia, dicembre 2023.

(Ottocento anni dopo Greccio)                                                          Renato Omacini

 

 

                                               

 

 

 

lunedì 4 settembre 2023

Una lettura interessante ( Renato Omacini )

Ho riletto in questi giorni (quante cose si imparano di più ri-leggendo!) un testo edito nel 2017. Il suo autore  è LUCIANO CANFORA, La schiavitù del capitale, Ed. Il Mulino, Bologna, 2017.

Luciano Canfora è professore emerito di Storia antica all’Università di Bari e, come sappiamo,  noto saggista. Il testo è breve: poco più di 100 pagine; si suddivide in sei piccoli capitoli più due Appendici. La conoscenza storica viene utilizzata dall’Autore per analizzare il capitalismo contemporaneo.

Se sarà possibile, si potrebbe presentare l’intero testo  (un’oretta circa ) nel corso dei nostri incontri di autoformazione. Per intanto, mi pare interessante trascrivere di seguito il Prologo.

“ Ci sono vari modi di capire il cambiamento, ma forse si possono ridurre sostanzialmente a due: quello stigmatizzato sarcasticamente da Giuseppe Giusti nel Brindisi di Girella (“Viva chi sa tener l’orecchie tese” : v.162) e quello di chi – tenendo aperti anche gli occhi – non perde mai di vista la posta in gioco. Essa è, a mio avviso, la seguente: per ora, chi sfrutta ha vinto la partita contro chi è sfruttato; dunque si tratta di trovare nuove e più efficaci e più convincenti forme di contrasto dell’ineguaglianza e di lotta per una effettiva libertà. Forme che consentano di capovolgere, nella successiva, inevitabile, manche, la temporanea “sentenza della storia”. Nella convinzione, condivisa da ogni essere pensante, che nella storia non esistono sentenze definitive. Immaginare che la storia si stia avviando a conclusione – e che noi siamo i fortunati spettatori di un tale mirabile evento – è errore comune sia ai rivoluzionari che ai reazionari. Per parte loro, banali come sempre, i liberali, più o meno “puri”, addirittura pensano che il cambiamento come tale non esista nemmeno e che l’ordine sociale esistente sia l’unico possibile.

Oggi noi possiamo comodamente osservare, assisi nei nostri studioli o impegnati in dotti seminari, che errore fu credere che quella manche  terribile che si è giocata per tutto il Novecento, messa in moto dalla “Grande guerra”, fosse l’ultimo atto della storia. Il brusco risveglio fu determinato dal crollo del lungo, ostinato, alla fine insostenibile, esperimento di “socialismo”. Di fronte a siffatte lezioni della storia che determinano strumentali conversioni, frettolose abiure, e poca volontà di capire, viene alla mente – come antidoto morale – quello che scrisse Isaac Deutscher a proposito del presidente americano Jefferson: “fu disposto a perdonare persino il Terrore, ma si allontanò disgustato dal dispotismo militare di Napoleone e tuttavia non ebbe nulla a che fare con i cosiddetti “liberatori” dell’Europa” ( Profilo dell’ex comunista, in Eretici e rinnegati, 1955).

Ma torniamo al brusco risveglio, che è stato una lezione per tutti. Esso i ha insegnato molte cose: 1) che la partita è solo agli inizi; 2) che il modello capitalistico (in tutte le sue proteiformi manifestazioni) ha conquistato, alla fine del Novecento, la gran parte del pianeta espugnandolo e pervadendo di sé Russia e Cina; 3) che solo ora il capitalismo è davvero un sistema di dominio mondiale ma non ha di fronte che spezzoni di organizzazioni per lo più sindacali e inevitabilmente settoriali giacché il capitale è davvero “internazionalista” avendo dalla sua la cultura ed ogni possibile risorsa, mentre gli sfruttati sono “dispersi e divisi” (dalle religioni, dal razzismo istintuale etc.); 4) che, per funzionare, secondo la sua logica del sempre maggior profitto e della lotta spietata per la conquista dei mercati, il capitale ha ripristinato ormai forme di dipendenza di tipo schiavile: non solo in vaste aree dei mondi dipendenti ma creando sacche di lavoro schiavile anche all’interno delle aree più avanzate; 5) che questo fa ovviamente regredire su un piano più generale i “diritti del lavoro” conquistati, in Occidente, grazie alla novecentesca contrapposizione di sistema; 6) che, per gestire questa impressionante mescolanza tra varie forme di dipendenza incluse quelle schiavili e semi-schiavili, il contributo della grande malavita organizzata è fondamentale “.

Primo, frettolosissimo commento: “Ne vedremo delle belle!” Anzi: “Ne vedranno delle belle!”. Nella storia, infatti, non esistono sentenze definitive: esistono tempi, più o meno lunghi e modi, più o meno ragionevoli.

 

martedì 6 giugno 2023

Alla ricerca delle Figure che amiamo

 La nostra Associazione “ I POPOLARI-VENEZIA “ prosegue nel suo “bisogno” di maggior conoscenza di alcune Figure.

Prima Alcide De Gasperi, con l’uscita a Castel Tesino e la visita al piccolo, ordinato Museo a lui dedicato; poi, ad Argenta, terra di don Giovanni Minzoni, là aggredito da due squadristi fascisti nel 1923, fino a morirne. Poi, ora, la visita a Pieve di Soligo, terra di Giuseppe Toniolo, dove lui, dichiarato Beato, ora riposa, nel locale Duomo.

Il Prof. Giuseppe Toniolo, economista, nato a Treviso nel 1845, fu, dal 1879 sino alla morte, nel 1918, ordinario di Economia politica presso l’Università Statale di Pisa.

Nel 1918 don Luigi Sturzo aveva 47 anni; Alcide De Gasperi ne aveva 37, 24 Giorgio La Pira, 9 anni invece Giuseppe Lazzati. Nello stesso anno – ricordiamolo -  don Sturzo fondò a Roma il Partito Popolare.

Dunque, Giuseppe Toniolo, grande sostenitore del messaggio sociale cristiano, soprattutto a seguito dell’enciclica “Rerum novarum” di Leone XIII°, nel1891. Pio X° lo nominò Presidente dell’Unione Popolare dopo lo scioglimento dell’Opera dei Congressi; promotore, nel 1907, delle Settimane sociali. Grande assertore del fatto che l’etica deve governate l’economia ed attivo promotore del mondo cooperativo. Per l’intera sua vita Toniolo ha teorizzato e praticato una particolarissima, concreta e feconda “democrazia sociale”, aprendo, per così dire,  la strada a don Luigi Sturzo e ad Alcide De Gasperi. Un laico  assestato di santità già su questa terra.

Il Prof. Giuseppe Toniolo è stato dichiarato BEATO dal Papa Benedetto XVI°, nel 2012.

Interessante ed appassionata la presentazione che ne ha fatta il dott. Marco Zabotti, instancabile animatore di progetti e di reti locali  (curati specialmente dall’Istituto Diocesano “Beato Giuseppe Toniolo”) ed attento soprattutto al mondo giovanile ed alla gratuità del dono.

Non poteva infine mancare, in questa generosa terra trevigiana, un riconoscente e corale ricordo delle figure di due Ministri: Tina Anselmi e Francesco Fabbri, entrambi discepoli attenti del Toniolo.

Apprezzato, in particolare,  il lavoro di preparazione del nostro Socio dott. Dino Lazzarotto che ha organizzato l’istruttivo evento.

Tutto questo, letteralmente “avvolti” dall’ordinata bellezza delle vigne delle dolci colline del Prosecco, riconosciute come patrimonio dell’Unesco.

31 maggio 2023.

domenica 9 ottobre 2022

“ I Popolari – Venezia” Incontro a Zelarino

Programmato da tempo un nostro incontro-lungo come Associazione, questo si è svolto, di fatto, due giorni dopo le elezioni politiche del 25 settembre 2022.

 “Fatale”, dunque, che la discussione tra di noi abbia riguardato questo argomento, nel modo conforme al nostro Statuto: in forma, cioè, apartitica e su di un terreno culturale, pre-politico.

 Ne è nato un confronto davvero interessante (destinato a proseguire) sui risultati elettorali, sulla loro “incubazione” prima, sul senso del nostro proporci come “cattolici democratici” nel nuovo contesto nazionale ed internazionale e su alcune possibili piste di lavoro per il “dopo”.

A Zelarino , dove ci siamo incontrati, ci siamo scambiati utili osservazioni, tra loro complementari, con l’idea di fondo che sia utilissimo consultare, via via, i “Buoni Maestri” che fortunatamente non mancano, pur accanto, come sappiamo,  ai “Cattivi Maestri” che, per ignoranza e/o per interesse, ci hanno condotto in un modello di cosiddetto “sviluppo” assolutamente in affanno non solo da noi ed insufficiente, anche alla luce, per esempio, della più recente dottrina della Chiesa cui, umilmente e laicamente, apparteniamo.

sabato 10 settembre 2022

NOI “ POPOLARI “ – APPUNTO IN BOZZA (Renato Omacini)

 

Care Amiche, cari Amici “POPOLARI”,

ecco, di seguito, un Appunto in  bozza con alcune cose che ho pensate, considerando, in particolare, l’attuale campagna elettorale italiana. Sono idee personali  che, previo nulla-osta del Presidente, pubblico sul Blog dell’Associazione, senza peraltro impegnarla nel suo insieme su di esse.

Si tratta dunque di un contributo - opinabile dunque come ogni pensiero -  per cercare di promuovere, se possibile, un utile  e pluralistico confronto interno.

Il ragionamento è  volutamente schematico e non c’è, per momento,  un vero e proprio ordine di priorità: sono  in tutto   33 SI’, -  17  SI’,MA -   20 NO. Il testo  risente certo  di detto schematismo.

Altri punti si potrebbero aggiungere, ma, per il momento, è solo una bozza: magari ce ne verranno in mente  altri, qui non considerati.

Va di moda parlare di “Agenda”: preferisco ancorarmi invece al vecchio termine di “Programma”: sono consapevole, peraltro, dei limiti intrinseci di questi sforzi, se non ci si crede veramente.

Si potrà notare come la bussola di tutto  è la Costituzione, sufficiente quasi da sola, si potrebbe dire,  a permettere di  esercitare una buona politica, centrale e periferica.

Nulla, peraltro,  di “non negoziabile”!

Credo che questa complicata  stagione richieda  particolare coraggio, flessibilità, studio, chiarezza ed anche un po’ di sano dubbio costruttivo e di  molto, molto ascolto reciproco.

La stanchezza dei cittadini/ne   è tale da poter favorire, direttamente e/o con massicce  astensioni dal voto, l’invocazione dell’ ”uomo o donna della provvidenza”, pur di uscire dal caos che si aggroviglia. Ricordo, per inciso, che l’allora presidente della CEI, card. Gualtiero Bassetti, disse tra l’altro a proposito di Draghi: “ Certamente, se la Provvidenza lo ha collocato nel posto in cui si trova, la sua esperienza, umanità ed intelligenza, potranno essere veramente utili” (Bologna, settembre 2021). Si era già sbagliato, come sappiamo, Papa Pio XI° (Papa Ratti) su Mussolini!

Occorre inoltre dire con i veti sistematici, con sistemi di “bullismo” politico, o con gli acritici “osanna” si fa poca strada, in politica, come nella vita.

Cose per nulla impossibili, piano piano, come fatto prima di tutto auto educativo e di responsabilità (una responsabilità, però, non usata volta a volta  strumentalmente come alibi, com’è capitato).

Non si tratta, credo, di un “Libro-dei-Sogni”: sono tute cose fattibili ed esiste già  in proposito, se lo si vuole, una diffusa ed approfondita letteratura ed un consistente know-how.

Il piano inclinato è molto vicino, purtroppo, non solo in casa italiana: grande è stata ed è ancora la nostra insipienza, specie in questi ultimi anni. Vedremo gli sviluppi già da qui alle prossime settimane.

La Speranza cristiana - virtù mai da dismettere come credenti - è messa a durissima prova dai fatti e dai comportamenti, almeno per come  appaiono a me; pur tuttavia, potrebbe essere, almeno per noi cristiani, il vero colpo d’ala (“Spes contra spem!”).

Invochiamola, la Speranza, con una visione capace di inscrivere anche la Politica, senza integrismi, dentro un disegno di trascendenza, già quaggiù, già oggi.  La politica è la più grande forma di carità è stato detto: ciò vorrà pur significare qualcosa.

SI

SI’ all’attuazione dei principi fondamentali (artt. 1-12) ed ai diritti e doveri dei cittadini previsti dalla Costituzione (artt.13-54). SI’, ovviamente, all’attuazione fedele anche di tutte le altre sue parti.

SI’ alle modifiche dell’attuale cattiva legge elettorale: il “Rosatellum”.

SI’, in Parlamento, ad accordi anche trasversali tra i Partiti e/o le Coalizioni su singole iniziative, quando  giudicate comunemente meritevoli.

SI’ al salario minimo, avvalendosi dei più virtuosi esempi europei in materia.

SI’ alla messa in sicurezza delle Scuole.

SI’ alla sicurezza idrogeologica ed ai piani antisismici.

SI’ ad ogni forma di parità tesa a tutelare la dignità delle persone, con particolare riferimento alla popolazione femminile, agli anziani/ne ed ai bambini/ne.

SI’ ad un aggiornato Piano nazionale per l’Acqua - bene assolutamente pubblico -  con proiezioni particolarmente attente ai cambiamenti climatici.

SI’ all’organizzazione dei pubblici uffici in modo da assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione (art. 97 C.).

SI’ all’adempimento, richiesto dalla Repubblica, dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale (art. 1 C.).

SI’ al fatto che tutte le confessioni religiose siano egualmente libere davanti alla legge (art. 8 C.).

SI’ al ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (art. 11 C.).

SI’ ad una più intensa azione diplomatica, nazionale ed internazionale, per la pace in Ucraina (ed in altri Paesi, teatro di guerre), aiutando l’Ucraina solo a difendersi.

SI’ alle agevolazioni  ed ai sostegni per la formazione delle famiglie e per l’adempimento dei loro compiti (art .31 C.).

SI’ all’imprenditoria sana, adeguatamente accompagnata specie in particolari momenti, senza ingerenze burocratico-politiche, ma con eventuali, opportune sinergie pubblico-private.

SI’ alle indispensabili  mediazioni politiche, purchè non svilenti e pasticciate.

SI’ alla promozione delle autonomie locali (art.5 C.).

SI’ alla traduzione politico-amministrativa – in laicità ed autonomia – dei Documenti della Chiesa cattolica (Encicliche, Esortazioni, Atti vari, ecc.).

SI’ alla formula “esistiamo e pensiamo”, no alla formula “consumiamo, dunque esistiamo”.

SI’, in sinergia pubblico-privato,  alla cura delle Città, non solo per renderle più efficienti (banda larga e quant’altro), ma anche più belle e vivibili.

SI’ allo “Ius Soli” ed allo “Ius Scholae”, purchè molto  attentamente disciplinati, nella ricerca delle più ampie convergenze possibili.

SI’ al riconoscimento pubblico - espresso  in varie forme -   a piccoli, medi e grandi imprenditori/trici che rischiano ogni giorno con intelligente generosità.

SI’ alla periodica “rendicontazione sociale” dei progetti attuativi del PNRR.

SI’, in sinergia pubblico-privato,  al maggior sviluppo della Cooperazione Internazionale nei Paesi più provati da guerre, malattie, fame e sete.

SI’ ad una gestione dei vaccini (e di altri particolari farmaci) attenta ai legittimi profitti ed alla solidarietà internazionale.

SI’ alla miglior cura possibile dei mari, dei laghi, delle montagne, del paesaggio, con la promozione di un turismo intelligente ed ordinato.

SI, in sinergia pubblico-privato,  alla formazione professionale continua, ad ogni età, per meglio affrontare non il “mercato” del lavoro (pessima espressione), ma i vari lavori, tradizionali ed innovativi che siano.

SI’ alla promozione, in sinergia pubblico-privato, dello Sport, soprattutto in favore dei giovani.

SI’ al più ampio  sostegno – nel rispetto della loro autonomia – alle Banche Etiche ed alla finanza Etica.

SI’ alla vicinanza ed al sostegno alle varie forme di Handicap.

SI’ ad un maggiore, coordinato sviluppo della Medicina Territoriale, con particolare attenzione alla galassia dei disturbi e delle malattie mentali.

SI’ alla promozione della più spinta ricerca sul nucleare, per arrivare alla fusione.

SI’ ad una soddisfacente soluzione per la disciplina dei conflitti d’interesse, specie nel settore dell’informazione.

 S I’, MA

SI’ al realismo in politica, MA non incolto o, peggio, cinico.

SI’ ad un  progettato superamento di “questo” modello capitalistico, così egoista e dannoso, come si è manifestato in Occidente a partire dagli anni Settanta dello scorso secolo, MA con alternative credibili e coinvolgenti.

SI’ all’Atlantismo ed alla Nato, MA non in forma acritica o servile.

SI’ all’Unione Europea, MA con dignità e promuovendo necessarie modifiche anche ai suoi Testi-base.

SI’ -  se momentaneamente indispensabile, in questa particolare situazione internazionale -  al ripristino delle centrali a carbone, MA con impegno formale a dismetterle prima possibile.

SI’ ai bonus per l’edilizia (che induce molto  lavoro), MA con revisione dei meccanismi applicativi, dei costi e con più controlli pubblici.

SI’ anche alla sanità privata (con i doverosi controlli), MA non certo  a discapito della primaria sanità pubblica.

SI’ all’iniziativa economica privata, MA con limiti fissati allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti (art. 42 C.).

SI’, eccezionalmente, all’affidamento anche in gestione privatistica dell’acqua pubblica, MA con affidamenti  molto, molto selettivi e con adeguati controlli sulla qualità, sui tempi delle concessioni e sulle eventuali revoche e  tariffe.

SI’ ad ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia per le Regioni (art. 116 C.), MA nel rafforzamento democratico dei poteri riservati allo  Stato e dei suoi doverosi controlli.

SI’ ad interventi pubblici emergenziali  - solo quando strettamente necessario - MA con trasparente definizione e controllo di tempi, modalità attuative ed ampiezza.

SI’ alla promozione della ricerca scientifica e tecnica, MA con trasparente definizione (e progressivi controlli) dei loro obiettivi.

SI’ al diffuso utilizzo dei Media da parte soprattutto delle classi dirigenti: politiche, culturali, imprenditoriali, economiche, MA portando la responsabilità, individuale e/o di gruppo, di quanto si pubblica e, quando strettamente necessario, con azioni anche repressive.

SI’ alla flessibilità nel lavoro, MA  in modo assolutamente controllato e non totemistico.

SI’ alla contrattazione di lavoro decentrata, MA nel rispetto delle regole e dei principi generali stabiliti dalla indispensabile contrattazione collettiva nazionale.

SI’ all’accoglienza internazionale, MA attenta alle reali, oggettive possibilità italiane ed europee di farsene carico (con un costante, trasparente monitoraggio).

SI’ alla promozione delle varie forme di Volontariato, MA con rispetto e senza l’idea della “supplenza”.

SI’ ai rigassificatori (solo per situazioni emergenziali) purchè attentamente ubicati, data la loro pericolosità e con la previsione di doverose “compensazioni” e “mitigazioni”.

NO

NO alla più o meno  strisciante trasformazione da parlamentare a presidenziale della nostra Repubblica.

NO alle grandi opere pubbliche, se non previa verifica (meditata,  pubblica e trasparente), di tutti i loro impatti, che non vanno  “edulcorati” , come recentemente avvenuto.

NO ad un sistema tributario non (o poco) informato a criteri di progressività (art. 53 C.), con previsione, come eventuale extrema ratio, anche di forme temporanee di patrimoniale a carico dei più abbienti.

NO ad uno stravolgimento di fatto dell’art. 76 C. in ordine all’esercizio della funzione legislativa delegata al Governo.

NO alle Fake-News ed ai Dossier appositamente ordinati e costruiti allo scopo di demolire gli avversari, con previsione di pene e sanzioni severissime.

NO a pene consistenti in trattamenti contrari al senso di umanità e non tesi alla rieducazione del condannato/ta (art. 27 C.).

NO ad interventi che deroghino, in ogni forma, palese od occulta, al fatto che la Magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere (art. 104 C.).

NO ad una giustizia che offra, di fatto,  più vantaggi ai ricchi ed ai potenti, piuttosto che alla gente comune (i poveri in primis).

NO alle applicazioni del nucleare (sia pure con impianti a venire,  cosiddetti di quarta generazione) fondate sulla fissione, che non può mai essere “pulita”, anzi.

NO a nuove, pericolose trivellazioni.

NO a nuovi impianti già considerati obsoleti ed inquinanti dalla letteratura specialistica per il trattamento del ciclo dei rifiuti.

NO ad interventi, di qualunque natura, che non promuovano, o limitino di fatto, i diritti riconosciuti ai cittadini dall’articolo 3 della Costituzione.

NO al permanere di squilibri, anche pesanti, nella progressione scolastica ed universitaria dei cittadini/ne (possibilità e condizioni familiari, aree geografiche, censo, strumentazioni, servizi, ecc.).

NO ad ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà (art. 13 C.).

NO ad una stampa soggetta ad autorizzazioni o censure (art. 21 C.).

NO ad una ecologia truffaldina, superficiale e di vernice, MA luogo, invece, ad un approccio integrale (vedi Enciclica “Laudato sì”) al complesso tema.

NO al lavoro ricattato, discriminante, precarizzato e sfruttato.

NO a considerare la miseria come una colpa o una malattia!

NO alla “lotta di classe” a rovescio: quella, cioè,  dei ricchi a danno dei poveri, apertamente  teorizzata e sostenuta ormai da molti, per esempio,  negli Stati Uniti d’America.

NO alla demolizione dei Partiti, pur nella indispensabile loro trasformazione (se lo vorranno e se ne saranno capaci).

 

Venezia, agosto 2022.

giovedì 26 maggio 2022

VISITA ALLA TOMBA DI DON MINZONI AD ARGENTA

 Il 25 maggio scorso, una delegazione dei popolari Venezia, si è recata in visita, ad Argenta (Ferrara) alla tomba, chiesa, museo dedicato a don Giovanni Minzoni  e al luogo dell' eccidio di don Tiso Galletti, parroco di Sassatelli anch'egli  trucidato il  9 maggio del 1945.

In occasione dell' incontro è stato possibile conoscere,  attraverso un video e  la visita al museo, vita e opere realizzate da don Minzoni nella sua breve esistenza: "Nasce a Ravenna il 29 giugno 1885; nel 1917 viene inviato al fronte in Friuli, dove riceve la Medaglia d'Argento al Valor Militare  dal Duca D' Aosta e dal generale Armando Diaz. L'insorgere dello squadrismo fascista non nasconde la propria ostilità verso questo prete. Viene ucciso a bastonate da due sicari che gli sfondano il cranio il 23 agosto del 1923. La sua tomba e il suo monumento è stato visitato dai Presidenti della Repubblica Giovanni Leone, Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro, nonché da Sua Santità Giovanni Paolo II ".
Don Minzoni è un personaggio, poco conosciuto dai giovani e non solo, meriterebbe una maggior attenzione a livello politico, sociale e religioso per i valori e le iniziative concrete da lui promosse a favore della gente ed in particolare dei poveri, in un ambiente, quello ferrarese, non certamente facile durante quel triste periodo storico del nostro Paese.
La delegazione dei Popolari  è stata guidata dal presidente  Romeo Toffano, e dal vice presidente Luigino Busatto.
Un ringraziamento al parroco di Argenta e al Direttore del Museo che ci ha accompagnato nell'intera visita.



lunedì 27 settembre 2021

Perchè non si sblocca ? Renato Omacini

 Uso l’immagine di un meccanico che si affatica, per ore ed ore, a tentare di sbloccare un motore. Ma non ce la fa !

Penso spesso, in conseguenza del mio amore per la Politica e della mia appartenenza ecclesiale, al fenomeno classificato (anche se con una certa storica arbitrarietà) come “cattolicesimo democratico”.

Considero un po’ le vicende storiche più lontane: i filoni del pensiero cattolico italiano nell’Ottocento e nel Novecento. E considero anche quelli più recenti: di questi ultimi trent’anni in particolare.

 

Cosa, pur modestamente, osservo in sintesi?

 

-        Un’analisi ottima delle “cause” che, di fatto, hanno progressivamente ridotta (quasi marginalizzata) la voce e l’azione dei “cattolici democratici”. Ottima diagnostica, insomma, con riferimento all’arte medica.

-        Deboli terapie, invece, per rimanere nell’immagine: sforzi, conati, desideri, alla fine complessivamente – sia detto con rispetto – poco significativi e poco incidenti sulla politica italiana.

-        Molti buoni “Maestri” che, anche in questi ultimi trent’anni, hanno per così dire acceso i lampeggianti: quasi sempre, però,  sono stati inascoltati!

 

Mi chiedo, come quel meccanico: cosa blocca il meccanismo?

Perché un filone di pensiero e di prassi a lungo “vincente” nel nostro Paese (e non solo) è oggi così carsico e frammentato?

Provo ad abbozzare qualche riflessione al riguardo, riflessioni meritevoli, ciascuna, di un “Trattato”:

 

 

-        Perché ciò fa consapevolmente comodo a quei pensatori ed a quei poteri (nazionali ed internazionali) che magari usano quel filone strumentalmente, ma che ne sono ideologicamente e concretamente lontani. Lo considerano non superato, ma “pericoloso” e disfunzionale alla loro prevalente idea di “sviluppo” e di “lotta” politico-economica.

-        Perché la secolarizzazione ed il relativismo hanno contagiato anche troppi “cattolici democratici”, provocando vistose fratture tra i loro fondamenti ed i loro ideali da una parte ed i loro comportamenti dall’altra.

-        Perché il “cattolicesimo democratico” legge certamente gli atti più importanti del Magistero della Chiesa (oggi, al riguardo, lungimirante e “moderno”), ma poi lasciano questi testi ad impolverarsi nelle loro librerie.

-        Perché sono stati via via smobilitati gli importanti “Uffici studi” che aiutavano la politica (i Partiti) specie a livello parlamentare.

-        Perché penso ci sia carenza di Virtù Cardinali (fede, speranza e carità) e dei “Nuovissimi” (morte, giudizio, inferno, paradiso), intesi in senso forte e non integralistico,  in molti cattolici che si impegnano in politica. Ma noi non siamo eterni! Qui entra anche oggettivamente in gioco la “stanchezza”, per molti motivi, delle realtà parrocchiali cattoliche. Proprio in un tempo – sembra paradossale -  in cui, fortunatamente, non è più in discussione (come invece lo è stato per decenni) né la democrazia, né la laicità della politica.

-        Perché c’è disabitudine, per opportunismo e/o per “disperazione”, a gestire i conflitti: preferiamo i “divani” (la nostra, peraltro è una società vecchia) e/o le rendite di posizione di varia natura. Ma la politica è “lotta”, anche se magari attuata “con i guanti bianchi”, non scordiamocelo! “Lotta” evidentemente non-violenta per chi si ispira ai principi del cattolicesimo.

-         

Nulla di nuovo, si dirà!

Ma è possibile che situazioni e fatti illuminati come negativi (o potenzialmente tali) per la politica italiana già  trent’anni fa non abbiano trovato superamento, od almeno significativa correzione, da parte del “cattolicesimo democratico”?

E’ stupefacente, purtroppo, quando ci si va un po’ a documentare, la “palude” di questi ultimi decenni. E i risultati si vedono: tanti i riferimenti possibili.

 

Che fare?

 

 

-        Invitare i giovani a conoscere, a studiare questi fenomeni. Promuovere il loro progressivo protagonismo politico, senza paure o gelosie.

-        Richiamare periodicamente i Decisori politici impegnati nelle Istituzioni a “ricordarsi” delle loro radici, specie quando se ne discostano.

-        Animare l’azione – sovente fiacca – degli Uffici Diocesani più vicini a queste problematiche.

-        Immaginare una Fondazione italiana che promuova, con cadenza biennale, dei Forum di discussione (uno al Nord, uno al Centro ed uno al Sud), tesi ad ascoltare la voce che proviene “dal basso” e quella giovanile in particolare. E tesi, anche,  a porsi come una sorta di “caselle postali” che raccolgono idee e proposte. Di quanti credono ancora che questo “oggetto” complicato (il “cattolicesimo democratico”, appunto) sia tuttora molto interessante e meritevole di essere meglio conosciuto e praticato concretamente.

 

Giuseppe Dalla Torre inizia il suo intervento, reso nel 2008 alla Fondazione “Ispirazione” di Treviso, e riferito alla cultura cattolica italiana del Novecento, nel modo che desidero di seguito riportare:

“ Nell’articolo su “I pericoli di Roma e le sue speranze”, apparso sul giornale francese “Correspondent,”, nel febbraio 1848, alla vigilia della rivoluzione che avrebbe portato alla restaurazione in Francia della Repubblica, era contenuta un’espressione provocante: “Passons aux barbares”. Con questa espressione, desinata ad avere successo nella pubblicistica cattolica democratica non solo francese, nella seconda metà dell’Ottocento, l’autore dell’articolo, Federico Ozanam,  intendeva replicare a distanza di tempo al “Journal de débat”,  che aveva indicato nelle masse popolari di una Francia inquieta e socialmente tormentata i “barbari e nemici”. Passare ai barbari voleva dire…che la Chiesa, come era passata ai barbari dopo la morte dell’imperatore Teodosio (395 d.C.), dovesse ora passare al popolo…”.

(in Quaderni n.7 dei Cenacoli culturali 2008 della citata Fondazione)

La classe dirigente ha il dovere, credo, di ascoltare le masse popolari, ma anche di contribuire, senza improprie sostituzioni, ad orientarle al bene comune.

Quanto entusiasmante lavoro possibile anche per il “cattolicesimo democratico” !

Venezia, 25 settembre 2021.

 

 

martedì 15 giugno 2021

“ Solo così …! “ (Renato Omacini)

Avete notato? Molto spesso il personale politico, quando interviene nei telegiornali o in altre trasmissioni televisive, termina il proprio intervento con le proprie ricette, dicendo: “ Solo così …! “.

 

E’ un particolare molto rivelatore : l’assenza totale, cioè, di ogni cautela, di ogni legittimo dubbio. Al contrario: solo certezze assolute. Le proprie!

 

Ma il mondo non può funzionare in questo modo!

 

Eccessivi settarismo, partigianeria e dogmatismo denunciano poca dimestichezza (è un eufemismo!) col dialogo. Risorsa, invece, indispensabile per socialmente “costruire”, mettendo a confronto le proprie idee con quelle degli altri.

 

Cosa serve la scuola? Cosa serve la cultura? Perché  questa diffusa regressione?

 

Alla mia generazione, dopo il 1968 (ma anche prima, per la verità) è stato insegnato, da buoni maestri, di coltivare il “pensiero critico”: tutto il contrario delle certezze assolute.

 

Non va “solo così …!”, quanto invece “la mia opinione è questa …!”, oppure “ noi pensiamo così ! “. Il primo modo di comunicare fa però il gioco di molti interessi, più o meno manifesti.

 

 

Venezia, 14 giugno 2021.

martedì 27 aprile 2021

Sepulcralis pelagus Renato Omacini

 Ci sono 34 km. da Gerusalemme a Gerico; a piedi ci si possono impiegare 7-10 ore.

Cos’è successo su quella strada, in un non precisato chilometro, 2.000 anni fa? E’ successo un incidente, con un uomo mezzo morto lasciato ai bordi della strada. Tre passanti lo videro: due passarono oltre, uno si fermò e lo assistette (Lc 10, 30-37).

Ci sono 260 miglia marine (481 km.) dalle coste della Libia (Zuwara) a quelle della Sicilia (Pozzallo).

Cos’è successo su quel tratto del Mediterraneo giovedì 22 aprile 2021 (e tante altre volte prima)?

E’ successo che 130 esseri umani sono annegati senza che nessuno, per ore ed ore, li abbia soccorsi. Erano in acque SAR, acque internazionali di competenza libica quanto ai soccorsi.

Tutti sono “ passati oltre “! E – novità – i social ed i media (con rarissime, lodevoli eccezioni) è come se non se ne fossero accorti, né sul piano della cronaca (a parte il minimo “dovuto”), né su quello della riflessione e delle proposte. Anche i leader politici e gli intellettuali (anche in questo caso con lodevoli eccezioni) si sono comportati complessivamente allo stesso modo.

Con un’opinione pubblica sempre più rintronata da una ripetuta campagna d’informazione rozza ed incivile. La globalizzazione dell’indifferenza, è stato detto ed il Papa domenica 25 aprile ha tuonato: “E’ il tempo della vergogna! “.

Decine di Stati che, pur avendone la possibilità – se lo volessero – di governare questi dolorosi e certo non facili fenomeni, “ non vedono ! “. Anzi, complessivamente, si è andati indietro quanto ad organizzazione dei soccorsi in mare.

Forse è  più importante, in Europa, il Recovery Plan!

Ma le mura della “Fortezza-Europa” crolleranno come quelle di Gerico, se non si cambia.

Ognuno si regoli secondo le proprie convinzioni e soprattutto secondo la propria coscienza, ma quanti si professano cristiani dovrebbero, sul punto, far più rete e spendere parole e gesti molto più coraggiosi ed efficaci di quanto, meritoriamente, non avvenga ora, in modo, però troppo frammentato.

Come “ Popolari “ possiamo, secondo Voi (e come?), rompere il silenzio?

 

venerdì 19 marzo 2021

49^ Settimana sociale dei cattolici italiani (Taranto, 21-24 ottobre 2021) (Renato Omacini)

Che ne direste, care Amiche e cari Amici “Popolari”, di scambiarci (con le mail e/o con il blog) delle idee/proposte sul tema della Settimana: “ Il Pianeta che speriamo “,  sottotitolo:  Ambiente, Lavoro, Futuro: tutto è connesso “?

 L’argomento è immenso, però qualche nostro umile, piccolo apporto può aiutarci a “stare-assieme”.

 Può essere l’inizio di qualcosa di più organico e coordinato da proporre magari in seguito (quando ce ne saranno le condizioni) come apporto della nostra Associazione.

 Comincio, solo con qualche breve spunto.

 Se mi trovassi come Neil Armstrong sulla superficie lunare e vedessi da là la Terra, direi: “Che stupendo, unico azzurro! Vorrei che restasse sempre tale!”.

Da quel sito si capisce, con tutta evidenza, che “tutto è connesso”, come continuano a ripetere  la Scienza, gli astronauti e  Papa Francesco.

 Il bello (ed il difficile) comincia quando si passa dai buoni propositi alle azioni concretamente necessarie per praticarli. E’ il campo delle scelte  su cui noi cattolici democratici  operanti in questo Occidente dobbiamo esprimerci.

 Le “malattie” della Terra le conosciamo; ma da che cosa sono state provocate? Principalmente dalle “infezioni” di un certo uso del potere e di un certo uso del denaro.

 La filosofia ha preso coscienza, ormai da qualche decennio, dell’esaurimento del ruolo di Prometeo. Vi ricordate di Theodor Adorno e di Max Horkeimer?

 E l’economia, la finanza, il potere? E’ tempo di scegliere tra il bene (terapia giusta) ed il male  (terapia sbagliata) per la Terra, anche qui da noi, nel nostro piccolo.

 E’ tempo di dire, come cattolici democratici, dei chiari SI’ e dei chiari NO, facendoci carico delle rispettive conseguenze.

 Mi interrogo sempre più, per esempio, sul ruolo presente e prossimo dell’Intelligenza Artificiale; come impatta ed impatterà sul nostro Pianeta?

 E quale istruzione e formazione dobbiamo mettere in cantiere per allargare almeno le competenze minime diffuse per non divenire “ostaggi” di pochi “Mandarini” che, come nel film “Il  dittatore” di Charles Chaplin, “giocheranno” con noi e col Pallone-Terra?

 Così, solo per iniziare ……..

Con un saluto.

 

P.S. : in pdf si possono trovare sia i “ Lineamenta “, sia lo “ Instrumentum laboris per la Settimana sociale.

La mia mail è: omacini.renato@libero.it