domenica 4 ottobre 2015

RIFLESSIONE SU " La menzogna politica" e "Politica e religione" di Alexandre Koiré

PRESENTAZIONE

Ecco, per la comune riflessione, due contributi: il primo è una breve presentazione del testo dio Alexandre Koiré su “La menzogna politica” ed il secondo è un intervento, pubblicato sull’ultimo numero di “Gente Veneta”, dal titolo “Politica e religione”.



Alexandre Koyré, Sulla menzogna politica, ed. Lindau, Torino 2010.

La casa editrice Lindau di Torino ha pubblicato cinque anni fa il testo “Sulla menzogna politica “  di Alexandre Koyré.

Uscito per la prima volta a New York nel 1943, il testo fu ripubblicato in diverse occasioni; in Italia venne tradotto per la prima volta nel 1994.

Koyré, uomo poliedrico: è stato filosofo, storico, studioso delle religioni, politico, attivista nella Resistenza francese. Un personaggio a sé, non inquadrabile, di formazione ebraica e di origine russa.

Costretto all’esilio nel 1908, studia con Husserl a Gottinga; poi si dissocia dal maestro e va nuovamente in esilio, a Parigi. Entra, come studente e poi come docente, all “’Ecole Pratique des Hautes Etudes”. Coll’esplodere della prima guerra mondiale, entra nell’armata russa. Poi ritorna a  Parigi e, nel 1930, succede a Etienne Gilson nella direzione dell’Ecole.

Studia la persistenza, nel pensiero pre-moderno, delle dottrine magiche e mistiche e, a partire da ciò, approfondisce la portata della svolta operata da Galileo Galilei (il suo “Studi galileiani “ è del 1935), opponendosi ai positivisti ed agli empiristi.
Nel 1940, durante la guerra, si schiera col movimento “France Libre” guidato da De Gaulle; questi lo incarica di trasferirsi negli Stati Uniti per fondare a New York, assieme ad altri intellettuali, “ l’Ecole Libre”.

Nel 1945 rientra a Parigi dove muore nel 1964, a 72 anni.

Sulla menzogna politica “ è un testo breve. Si apre con il mettere in un certo senso le mani avanti da parte dell’Autore: la menzogna politica è sempre esistita. Ma, pur tuttavia, “ Non si è mai mentito come al giorno d’oggi. E neppure si è mentito in modo così sfrontato, sistematico e continuo “.

La tesi è che i regimi totalitari abbiano generato profondi mutamenti nella menzogna politica: la menzogna moderna è fabbricata in serie e si rivolge alla massa; questa è la sua peculiarità! I regimi totalitari sono fondati sul “primato della menzogna “. Essa è un’arma e può esser utilizzata nella lotta.

E se la guerra, da evento eccezionale ed episodico, divenisse uno stato continuo e normale? Anche la menzogna lo diverrebbe. Di più: l’incapacità di mentire sarebbe allora un peso, un segno di debolezza e d’incapacità.

E quando la cosa avvenisse all’interno di un gruppo segreto, sarebbe considerata più che una virtù: in tale gruppo la fedeltà è il massimo dovere, la gerarchia è assoluta, l’obbedienza è la regola.

Ogni gruppo segreto è poi –sostiene l’Autore- un gruppo “con segreto “, che nasconde i suoi misteri ai non-iniziati. Di conseguenza, il primo dovere di chi appartiene ad un gruppo segreto è quello di nasconderlo: “dissimulare ciò si è, simulare ciò che non si è “.

Così tutto ciò che si dice è falso; chi appartiene ad un tale gruppo non  ammetterà mai come vero qualcosa che sarà pubblicamente proclamato dal suo capo. Perché il capo non si rivolge a lui, ma agli “altri “ che deve ingannare.

Ora Koyré sostiene che i regimi totalitari sono “niente meno che delle società segrete “; è vero, ad esempio, che Hitler ha annunciato pubblicamente il suo programma, ma –sostiene l’Autore- proprio perché sapeva che non sarebbe stato creduto dagli “altri “. Si tratta, come lui le chiama, di “cospirazioni alla luce del sole “, una forma del tutto nuova.

Non devono nascondersi, anzi, agendo sulle masse, devono rendersi visibili: il che non rappresenta una contraddizione se non in apparenza. I regimi totalitari sono cospirazioni “parzialmente “ riuscite.

Solo gli iniziati sono in grado di comprendere i messaggi pubblici dei totalitarismi, sanno decifrarli; gli altri, gli avversari, la massa non sono degni di ricevere la verità segreta.

Questo modo di porsi e di operare sottende una precisa antropologia: quella appunto totalitaria che insiste sul primato dell’azione. Non disdegna la ragione ma, quando il pensiero si fa più alto e più speculativo e critico, allora ne rifugge.

Occorre che l’uomo sia un “animale credulo “, che non pensi: solo l’élite può pensare, non la massa. Essa non si accorge neppure delle contraddizioni, non ha memoria dell’incoerenza ed è incapace di recepire la verità. I capi dei regimi disprezzano la massa, sia quella dei loro avversari, che quella dei loro seguaci.

Al contrario, nei Paesi democratici si esprime refrattarietà alla propaganda totalitaria: essa può ingannare solo una parte della società. Così, con un apparente paradosso, proprio le masse dei Paesi democratici si sono rivelate “appartenenti …alla categoria superiore dell’umanità “.


Una considerazione-commento, per concludere. Guardando all’Italia dagli anni Novanta del secolo scorso ad oggi, qual è stato il ruolo e l’importanza della “menzogna politica”?
Si può stabilire, come ritengo, una correlazione diretta tra l’aumento progressivo della “menzogna politica” qui da noi e l’altrettanto progressivo manifestarsi di personalismi  in politica e di forme che vanno verso l’autoritarismo (più che  verso l’autorevolezza) di conduzione del Paese?  Fatti entrambi incontestabili ed oggettivi, credo, specie per chi desideri rimanere estraneo a qualsiasi spirito di parte e rifugga da ogni personalizzazione degli avvenimenti.
Se è così, si può sostenere che l’Italia ha la “febbre “, che non sta bene? Certamente sì: va  trattata, allora, con  cure appropriate prima che la malattia possa aggravarsi.


Renato Omacini

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